ISOLE
Attraverso uno studio mobile e una troupe cinematografica alcuni dei musicisti che passano al festival (di sopra) lasciano una traccia della loro arte girando un piccolo docu-film. Il materiale montato è la base del progetto “Museo diffuso degli improvvisatori”, una sorta di anagrafe diffusa dei linguaggi, dei musicisti e dei luoghi.
Ciascuno spettatore potrà fruire delle sonorizzazioni e muoversi lungo gli spazi espositivi in totale indipendenza, girando tra i pannelli delle varie stazioni-isole.
Valorizzare i luoghi (più o meno segreti) di un paese, come metafora di un’Italia “minore” sorprendente, teatro stratificato e secolare di pulsioni culturali. Attraverso una combinazione di musica, fotografia, video e tecnologia portatile, gli spettatori si renderanno autonomi nella fruizione “temporale” dello spettacolo (il quando), ma vincolati nella fruizione “spaziale” (il dove). Un turismo di scoperta, pazienza e sorpresa. Una sorta di treasure hunt, di caccia al tesoro a piedi, in bici o in auto, alla ricerca autonoma di queste Isole ideali.
Roccaforti intoccabili, dove ogni artista è libero e insindacabile e lo spettatore può raccogliersi in un’intimità di ascolto “difficile” o rigettarla in totale autonomia. Isole sono gli artisti, rappresentati in forma di naufraghi (o di eremiti), che lavorano sulle distanze siderali. E i loro appelli sono suoni.
Isole siamo noi stessi nel momento in cui ci predisponiamo a fruire il materiale con le cuffie. Quante volte al giorno questa condizione si ripete, ma inconsapevolmente? Giunge il momento in cui naufraghi ed eremiti si parlino e invertano la rotta delle loro solitudini per offrire un confronto fra i codici dell’arte e la potenza della natura ( ad esempio l’incontro live con un temporale) a chi abbia voglia di ascoltare. Tutto si muove, anche le cose in apparenza più immobili, più radicate. La natura e la cultura si sfiorano.